Nella musica, tra le pagine: intervista a Rosario Pellecchia

Si è definito “creatore di agio” e mi sento in dovere di concordare: un’ora di chiacchierata con Rosario Pellecchia si è volatilizzata nell’aria di Milano, tra profumo di ginseng, “20 centesimi per un cappuccino”, estathe al limone, disorientamento, piccioni che sembrano scoiattoli e calura estiva metropolitana.

Ho conosciuto Pellecchia un mese fa, alla presentazione del suo ultimo libro “Ora che ho incontrato te” edito da Feltrinelli, una presentazione durata un’ora e mezza, una delle più lunghe a cui abbia mai assistito e di gran lunga la più affascinante- È chiaro ai più, ovviamente, che Ross con le parole ci sappia fare, incanta, incatena, incendia.. ma se una persona è in grado di tenere in scacco un’intera platea con i suoi racconti per un’ora e mezza che paiono però 10 minuti, è evidente che la parola sia di certo il suo “dono”.

Che sia parola parlata, scritta, cantata, insomma pare che gli venga bene tutto!

E – poi la smetto di incensarlo giuro – si tratta di una persona incredibilmente gentile, mica è scontato eh, tanto da avermi dedicato un’ora del suo tempo per un’intervista (anzi un’ora e mezza, trenta minuti li ha impiegati per recuperarmi all’uscita della metro perchè mi ero persa, ovviamente); ero curiosa, infinitamente curiosa, di sapere come funzionasse la sua mente, come avesse scoperto e seguito le sue passioni, il suo rapporto con il mondo, la quotidianità, le difficoltà, come ci si sente ad aver realizzato un sogno, o due.. Quella che state per leggere è una storia a lieto fine (ops, spoiler!), una storia di tenace forza di volontà, riconoscenza, faccia tosta, onde radio e cellulosa, una storia che ti lascia con il sorriso sulle labbra, e ne abbiamo tutti un gran bisogno!

Dunque, cari lettori, ecco qui Rosario Pellecchia, secondo me.

Non è facile decidere da dove iniziare un’intervista quando si tratta di una persona poliedrica e ricca di sfaccettature ma alla fine ho optato per l’ingresso principale: la versione Ross-Radiofonico. Pellecchia fa radio da moltissimi anni, oggi conduce il programma “105 Friends” per Radio105 e possiamo dire che con la radio ci sia cresciuto, ma da dove nasce questo profondo, grande amore?

“È stata proprio una folgorazione, ho ben chiaro nella memoria il momento in cui ho sentito per la prima volta una radio in cui “parlavano”, sono andato dritto da mio fratello e gli ho chiesto “ma questi qua cosa fanno, dove sono, cioè questo è un lavoro?”, avevo circa dodici anni e ricordo di aver pensato che quello sarebbe diventato il mio lavoro. Al liceo facevo l’imitatore, così per scherzo, per gli amici, per delle feste, a scuola.. e poi successe che un ragazzo più grande di me mi sentì in un recital e mi disse: “Io lavoro in una radio, mi piacerebbe che venissi a fare dei jingle con le voci dei personaggi che imiti..” e io mi son detto “ho trovato l’accesso alla radio, il mio cavallo di Troia”. Era una piccola radio della mia città ma quando arrivai lui non c’era, non ricordo perchè, forse ci eravamo capiti male.. ma ormai ero nel ventre della balena e a chi mi aprì la porta in radio dissi:

“Ma non è che posso fare un provino?”

“Ma tu fai la radio?”

“Eh no, però mi piace molto e credo che ne sarei capace”.

Mi hanno fatto davvero un provino: “beh in effetti per non averlo mai fatto sei predisposto” e mi diedero un piccolo spazio, lo feci per un annetto e continuavano a dirmi che ero sorprendentemente capace ecco, nonostante l’inesperienza..

Mi ha sorpreso l’intraprendenza di questo diciassettenne che ha voluto fortemente qualcosa, tanto da buttarsi con tutte le scarpe e mettersi in gioco, nonostante..

“Nonostante fossi l’antitesi della persona “popolare”, insomma ero piuttosto impresentabile, un nerd, autostima molto bassa e questo ha un peso nella storia perchè l’idea che esistesse un medium dove non ti vedono per me era stupendo, perchè non avevo molta voglia di farmi vedere in quel periodo della mia vita, ero bruttarello, sovrappeso, occhialoni spessi, ero molto miope… Da lì ebbi l’offerta da una radio un po’ più grande, offerta sempre tra virgolette perchè era tutto gratuito ovviamente, era una radio un po’ più moderna, con una direzione più precisa, veloce, fatta bene e uniforme. Feci un altro annetto e mezzo lì poi mandai la cassetta con la registrazione di alcuni frammenti delle mie trasmissioni a radio Kiss Kiss, che era, ed è, la radio più importante del Sud Italia e mi chiamarono, mi chiamò il direttore a casa.. ma mia madre si dimenticò di dirmelo, salvo poi, un mese dopo, quando nel citarlo casualmente a cena mia madre disse: “Ah aspetta questo ha chiamato, ti cercava un mese fa..”. Lo richiamai subito e per fortuna non era troppo tardi, mi disse “guarda ho sentito la tua cassetta, per me sei molto bravo, ti vorremmo offrire un contratto” e quindi a 17 anni e mezzo aprì una partita iva, mi affidarono una trasmissione sabato e domenica, e poi diventò il mio lavoro, anche se in realtà facevo ancora il liceo. A settembre 1989 ho iniziato a trasmettere quotidianamente in radio e non ho più smesso. Nel 1996, dopo quasi 8 anni di radio Kiss Kiss, mi sono trasferito a Milano per iniziare a collaborare con Radio 105

A sentirlo raccontare così sembra quasi facile realizzare un sogno ma questa storia cela una grandissima forza di volontà e un desiderio puro, più forte di tutto.
Ma oggi come funziona, come ci si approccia al mondo professionale?

Oggi pescano tanto da Instagram, dai social.. un po’ per tutto. Quando ho iniziato io, si trattava di un mercato nascente e in espansione, nel primo momento serio e importante della storia della radio e comunque chi faceva radio in quel periodo, metà anni Settanta, primi Ottanta, non pensava allo sviluppo economico, a quanto si sarebbe guadagnato.. questa idea non c’era, c’era solo il puro piacere di fare radio; prima ancora di sapere che sarebbe potuto diventare un qualcosa di concreto nella vita però io c’ero già finito dentro con tutte le scarpe. Per quanto mi riguarda, sono uno a cui hanno sempre dato molte possibilità e questa cosa attraversa tutta la mia vita; quando ho dimostrato di voler fare qualcosa, nel momento in cui ho percepito un forte desiderio, molto forte e innocente, proprio perchè accompagnato da nessun tipo di aspirazione economica, ho sempre trovato qualcuno che mi permettesse di farla, sempre, una caratteristica che non so se chiamare fortuna o legge di attrazione universale.. se hai un desiderio molto intenso, pulito, vero, autentico è più facile che quel desiderio si realizzi. A me è successo così”

L’essere giovani negli anni Settanta ovviamente non è paragonabile però all’essere giovani oggi, le generazioni si susseguono sempre più rapidamente e il mondo corre a perdifiato senza aspettare nessuno. Com’è la corsa per i ragazzi di oggi?

“Purtroppo la disillusione è la caratteristica principale delle persone che hanno meno di 35anni oggi, è onnipresente una componente di cinismo e disillusione che non è neanche colpa dei giovani ma è legata a come è andato il mondo negli ultimi vent’anni anni, no? Quando io avevo quindici, vent’anni anni erano i ruggenti anni Ottanta/Novanta, passati alla storia come gli anni dell’ottimismo, del fermento, se vuoi anche finto, anche perchè è in realtà periodo in cui la gente evadeva le tasse, la camorra e le mafie.. c’è un po’ questa tendenza a dire “ah come si stava bene” ma non è vero, sono un po’ gli anni in cui ci siamo venduti il Paese, però c’era questa percezione e la gente diceva “io ho un sogno e quindi forse ce la posso fare a realizzarlo”.

Oggi invece è “io ho un sogno e figurati, dove vado?”, oggi la regola è questa e tra te e la realizzazione del tuo sogno si frappongono diversi ostacoli tanto che questa intraprendenza la si trova solo nei social che sono l’unico mezzo attraverso il quale un ragazzo crede di poter sfondare.. è effimero ma magari in 10 anni guadagni quello che io posso guadagnare io in 80 anni di radio. Per me la radio invece era proprio un mestiere, sognavo di fare quella roba tutti i giorni, non ho mai pensato “la faccio per un po’, divento ricco e poi..”. Oggi è un mondo più cupo, meno felice, il ragazzo medio è scazzato, disilluso perchè è tutto più difficile, per un ragazzo oggi la vita è enormemente più complicata di quanto non sia stata per me.. nonostante io sia cresciuto in una città in cui negli anni Ottanta era teatro di una delle più grandi faide della camorra, raccontate anche da Saviano (Castellammare di Stabia), in una famiglia tendente all’umile, nonostante io non avessi un aspetto che infondeva sicurezza.. comunque sono cresciuto come un ragazzino felice, che si mangiava la vita, che aveva dei sogni. Oggi i ragazzi non hanno neanche più i sogni, respirano sin da piccolissimi disillusione. Ma non è colpa loro, è colpa di come è andato il mondo.

Parlando di difficoltà, che futuro ha la radio?

La radio ha smesso di essere una cosa sognata dai giovani, per questo sta diventando un problema anche per gli editori perchè dal loro punto di vista è come se i loro spettatori fossero a scadenza, dovrebbe a un certo punto esserci un ricambio.. La radio ha la caratteristica di risorgere sempre dalle proprie ceneri per cui secondo me risorgerà e comunque i numeri sono ancora molto alti oggi.. anche perchè l’Italia è un paese vecchio. Prevedere il futuro della radio così come la conosciamo oggi, faccio fatica, sicuramente qualcosa succederà, è già cambiata ma non così tanto da essere stravolta. Oggi credo che ci possa essere proprio uno stravolgimento o una frammentazione dell’offerta, come succede in America ad esempio”.

E che ne pensi dei PODCAST?

I podcast sono un po’ un’incognita perchè sono molto ascoltati ma chi li produce non ha ancora bene capito come farci i soldi però risultano già più cool alle orecchie di un giovane, perchè oggi i giovani non concepiscono la miscela di musica e parlato, come può essere una radio come la mia, cioè oggi il ragazzino se vuole ascoltare la musica va su Spotify, se vuole sentire il parlato si ascolta un podcast, per loro è strano che metti la musica e poi parli, cioè loro proprio non capiscono questa ricetta”

Nel suo album di figurine di talenti, artisti e creativi Ross ha diversi fiori all’occhiello, un’esperienza pluriannuale di interviste storiche e meravigliose e quindi a chi chiedere, se non a lui, come si conduce una buona intervista?

“Fare bene un’intervista è un lavoro interessante ma difficile, ha a che fare un po’ con la psicanalisi; io non sono uno che mette a disagio l’intervistato, non mi piace, io faccio esattamente l’opposto e credo che tra i tanti presunti talenti che possa possedere, l’unica cosa in cui sono veramente bravo io, come persona, è mettere le altre persone a loro agio, sono un grande creatore di agio, le persone con me si sentono molto al sicuro, credo di riuscire facilmente a entrate in empatia con le persone. Chris Martin tre settimane fa mi ha spiegato perchè hanno voluto fare un concerto a Napoli e non l’aveva mai detto a nessuno.. lui mi ha detto: io ho visto il film di Paolo Sorrentino dove c’era la canzone Napulè, mi è piaciuta così tanto che, sulla scorta di questa mia folgorazione, ho chiesto al mio manager di fare un concerto a Napoli. Mi è successo mille volte che le persone famose mi confidassero cose che non avevano mai detto a nessuno.. Vasco Rossi mi aveva detto che Alba Chiara e Una canzone per te sono dedicate alla stessa ragazza. Lui aveva scritto Alba Chiara per questa ragazza, Alba, e in paese la prendevano in giro perchè dicevano “ma sarà mica vero che Vasco Rossi ha scritto Alba Chiara per te..”, quasi la accusavano di essere una mitomane e quindi Vasco Rossi per convincere lei e gli altri che fosse dedicata proprio a lei, ha scritto Una canzone per te, quindi si, sono dedicate alla stessa ragazza e questa cosa, che io sappia, Vasco non l’aveva mai detta a nessuno.. quindi ha a che fare molto con la capacità di empatia, entrare in intimità e in contatto con qualcuno e poi, nel mio caso, il segreto è che quando faccio una domanda sono realmente interessato alla risposta, cioè non è che gliela faccio perchè gliela devo fare, infatti io non faccio quasi mai domande canoniche, vado sempre su cose personali, sfumature, su cose che realmente mi incuriosiscono. Devi preparati sì, però non ho il mito della preparazione.. è una base che devi avere chiaramente ma secondo me la differenza non la fa la preparazione, la fa la sensibilità, empatia e curiosità”

Come si intervista una persona? – Insegna l’arte di fare radio – video lezioni di Rosario Pellecchia

Per questo ti definisci anche un “appassionato di esseri umani”?

Sì. Io se vedo la foto di una montagna bellissima con due persone in cima la prima cosa che penso è ma quei due chi sono, come sono arrivati lì, si conoscono, ma cosa si stanno dicendo? Sono molto metropolitano in questo, sono molto interessato alle persone e alle storie delle persone più che ai luoghi.

Impossibile non pensare al suo secondo romanzo “Le balene mangiano da sole” sentendo queste parole, 272 pagine di pura curiosità per la vita degli altri.

Trasportati dal vento, fluttuiamo ora verso il magico mondo della cellulosa perchè se finora abbiamo letto di un Ross radiofonico, intervistatore, espansivo ed esplosivo, tiriamo i remi in barca e entriamo in una dimensione più intimista alla scoperta di una nuova faccia del dado della sua personalità: il Ross scrittore

La scrittura faceva già parte di me, io ero il classico scolaro di cui leggevano il tema in classe per far vedere quanto fossi bravi, un imbarazzo.. anche perchè all’epoca non avevo già sviluppato questo ego gigante che adesso ho. Tecnicamente ho sempre avuto una predisposizione verso la scrittura dal punto di vista formale ma da qui ad avere qualcosa di interessante da raccontare.. infatti il primo libro l’ho scritto a 48 anni, perchè saper scrivere non è solo mettere delle parole in fila

Il primo libro come è arrivato?

“Io devo ringraziare moltissimo una persona, che è Francesco Gungui, che è prima di tutto uno scrittore e poi si è inventato un po’ il mestiere di scout, tra i primi in Italia: va a scovare scrittori in settori della vita pubblica dove, a suo parere, ci sono persone che hanno storie da raccontare, va a pescare nel mondo web, attori di cinema, teatro, cantanti.. nel mio caso in radio. Per molti anni mi ha detto “secondo me dovresti scrivere perchè hai una forma mentis che è molto da scrittore”

Mi ha convinto, mi sono messo e ho scritto, sono arrivato a tre quarti di un romanzo.. lui, facendo da tramite tra aspiranti autori e una serie di case editrici con cui lavora, lo ha sottoposto a una casa editrice che però si dimostrò totalmente disinteressata a pubblicarlo e allora dissi “Vedi, sono bravo a mettere parole in fila ma non ho niente da dire, o comunque non è la mia strada”.

Nel frattempo mia madre si è ammalata di demenza senile, e lui non desisteva.. allora gli ho detto “guarda un’idea io ce l’avrei”: una persona che si trova a dover interagire con la malattia di sua madre, la demenza senile appunto, ma non sa bene come fare, quello che riesce a inventarsi per, secondo lui, salvarla, è mettere in scena tutte le fantasie assurde e tutte le cose surreali che il cervello della madre riesce a partorisce. A Francesco è piaciuta molto così hop iniziato a scrivere, l’ho scritto velocissimamente, lui l’ha mandato a Mondadori e Mondadori mi ha mandato il contratto e quello è stato il mio primo libro.

Come se in quel momento mi servisse un’esperienza molto forte, di vita vissuta, che in quel momento mi stava facendo soffrire molto.

“The thing you are most afraid to write. Write that” – Nayyirah Waheed

Da lì in poi è come se fosse saltato un tappo: ho scritto 3 libri in 5 anni e ne vorrei scrivere 4 all’anno.. L’unico piccolo rimpianto che ho, sta nel non aver iniziato prima a crederci di più in questa cosa della scrittura, perchè se dovessi paragonare il controllo che ho in radio, che è un controllo totale, con quello per la scrittura mi dico che non ci arriverò mai a quel livello.

La scrittura è tanta capacità di gestione, controllo e miglioramento tecnico che scatta se tu lo fai in continuazione, l’unico modo per migliorarsi è scrivere, scrivere, scrivere.. Se penso ad una Chiara Gamberale, che è un’altra che considero un po’ una mia mentore perchè mi ha tra virgolette portato in Feltrinelli, cioè Chiara ha scritto il primo libro a 21 anni e allora io mi chiedo “avessi pubblicato il primo libro a 20 anni.. magari oggi ne avrei già scritti 15 o forse no.. o forse come dici tu le cose devono capitare nel momento giusto. Fatto sta che se ad oggi mi chiedi che lavoro fai, anche se dal punto di vista di retribuzione la radio resta di gran lunga il mio core business, nel cuore direi scrivo perchè al momento è la cosa che mi eccita di più, quindi potessi vivere solo di quello.. non è che non mi piaccia fare la radio eh, ma la scrittura mi dà energie nuove, diverse.

E ora chiudo con una domanda forse più per me che per Ross: per chi, come me, è in eterno divenire e perennemente insoddisfatto, volubile.. Come ci si sente ad aver realizzato un sogno? Riesci ad essere felice?

Mi sento molto grato alla vita, ho questo tratto abbastanza distintivo e un po’ a volte anche me lo impongo, quando mi accorgo che l’ego, la vita o il mostro dell’insicurezza mi porta ad essere insoddisfatto, lo blocco subito, anche se mi capita raramente. Mi ritengo una persona molto fortunata.